Cibodoro Conoscere e scegliere il cibo
La qualità del vino nella ristorazione. Ci sono molti dibattiti a riguardo da parte di mille operatori del settore enologico che cercano di creare il paradigma per la definizione di un buon vino a tavola. Dal terroir al vitigno, dai profumi al grado alcolico. Ebbene sono tutti aspetti e chiare informazioni che variano da vino a vino. E per il cosiddetto “vino da tavola” si riesce a determinare un parametro di qualità? Il consumatore medio italiano, è sempre capace di valutare obiettivamente e consapevolmetne la qualità di un vino servito in tavola? Credo tendenzialmente no. E’ il cosiddetto “vino della casa” a creare confusione e inconsapevolezza sull’effettiva qualità del vino. Per tanti costituisce una scelta conviviale con un vino dall’identità e “personalità” locale o a chilometro zero, ma purtroppo non è così.
Il consumatore a tavola non dispone di tutte quelle informazioni che specificano l’identità della bottiglia, o meglio della caraffa che permetterebbero di identificare la qualità di quel vino servito: si tratta di un vino spesso anonimo la cui scelta si basa esclusivamente sula fiducia nei confronti dell’oste di turno. O per ragioni di risparmio.
L’offerta poi del vino della casa è confezionata spesso in brick che attirano l’attenzione di operatori e ristoratori , non tutti fortunatamente, che per trarre un profitto molto generoso, offrono un vino della casa che di casa non ha nulla. Con margini importanti.
Non generalizzo naturalmente. Ci sono molte trattorie e ristoranti che offrono un vino della casa pregiato e fornendo informazioni esaurienti, ma dietro alla “provenienza domestica” di un vino dovrebbe vigere l’obbligo di fornire tutte quelle informazioni e rassicurazioni sull’effettiva bontà di quella caraffa di vino. O comunque una maggiore trasparenza sull’effettiva provenienza di un vino a chilometro zero.
