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LE CUCINE SPARIRANNO DALLA CASA

La fine del focolare domestico. Sembra avanzare inesorabilmente il conto alla rovescia dello stop alla cucina sia come centro conviviale domestico che come arredo. Il Guardian,  ha rilevato che i salotti e le cucine delle case britanniche non sono così piccoli da almeno ottant’anni. In Inghilterra i metri quadrati per cucinare sono notevolmente ridimensionati . Ormai è un complemento d’arredo.

Lo sviluppo crescente del delivery food  fa ipotizzare che la maggior parte dei pasti dopo il 2030 saranno quasi interamente consegnati da ristoranti, fast food o cucine condivise. Non solo. La cultura gastronomica italiana tra i giovani, per fortuna non per tutti, si sta “contaminando” sempre più col cibo cinese, giapponese e comunque esterofilo. Oltre l’ottanta per cento dei giovani tra i quattordici e i venti anni preferiscono condividere con gli amici un pranzo  “all you can eat” cino-giapponese che un locale tipico italiano. Soprattutto al centro nord. Ed è un cibo che non prepareranno mai i nostri giovani. Nel centro nord italiano ormai si contano ristoranti all you can eat ogni chilometro. Il primo ristorante cinese in Italia, Shangai, apre a Roma nel 1949. Ma la grande diffusione inizia negli anni ’80 tra involtini primavera, maiale in agrodolce e generose dosi di glutammato. Dal 2010 si assiste ad un vero sviluppo basato sulla quantità e i prezzi bassi. Da i dieci euro a pranzo si è arrivati in pochi anni a venti euro nella formula all you can eat, ma senza drink.

Sembra di assistere ad una alienazione gastronomica tra molti giovani.

La semplicità del cibo verace

 

Ancora. Avere a portata di mano il cibo a domicilio con applicazioni di ogni tipo, ad oggi, è più conveniente che cucinare da zero un piatto. Certo il cibo consegnato ha una qualità totalmente diversa da quello preparato “artigianalmente” in casa. E così manodopera a basso costo e ingredienti di bassa qualità , vincono soprattutto tra molti giovani che no “perdono tempo” a cucinare secondo tradizione.

Sicuramente molti giovani stanno riscoprendo il gusto della buona cucina italiana, ma si sta imponendo un’economia di consumo troppo veloce e che crea esigenze troppo diverse dalla nostra. Col rischio di far consumare un cibo poco sostenibile e poco domestico.

 

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